CRISI

LA PAROLA DELL'ANNO

crisi

Crisi è certamente la parola dell'anno 2014. Fa ormai capolino, spesso come facile foglia di fico delle negligenze e incapacità politiche e di governo, nei telegiornali, sui giornali e in ogni chiacchierata tra amici e conoscenti. Eppure, in sé, questa parola non racchiude necessariamente una valenza negativa. Se infatti risaliamo alla sua etimologia, scopriamo che "crisi" deriva dal greco scelta, separazione e indica il tempo di una scelta, di un cambiamento.

Che quella che ci attanaglia ormai dal 2008 non sia una crisi congiunturale ma crisi strutturale è ormai sotto gli occhi di tutti. Dobbiamo capirlo, se vogliamo superarla. Servono nuovi modelli sociali, economici.

Chi nella Venezia ormai in declino economico del 1600, in seguito alla scoperta dell'America, avesse ritenuto di trovarsi di fronte ad una crisi e fosse sceso in piazza reclamando il ritorno alla centralità dei traffici nel Mediterraneo, sarebbe stato un simpatico perditempo. O immaginiamo i sudditi dell'Impero Romano scendere in piazza dopo le invasioni barbariche e reclamare a gran voce il ritorno dell'imperatore e della prospera pax romana... Ci sarebbe apparso anch'egli ottuso nel non comprendere l'entità degli eventi epocali che si stavano consumando. Così deve apparirci chi oggi protesta ed invoca misure antistoriche come il ritorno alla lira o l'instaurazione di dazi doganali sul commercio estero. Simpatici perditempo, incapaci di influire su eventi epocali attraverso i quali si fa la storia.

Come ci ricorda Albert Einstein in un suo illuminante testo sulla crisi, «L'unico pericolo della crisi è la tragedia che può conseguire al non voler lottare per superarla.»

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