Intervista al drammaturgo e attore teatrale

Davide Enia

INTERVISTA A DAVIDE ENIA


1) Facili Cassandre evocano da sempre la morte del Teatro... come immagina il futuro del Teatro?

Un esempio di futuro c'è stato, ed è quello del Teatro come Bene Comune, che ha trovato nell'esperienza del Teatro Valle Occupato la forma finora più compiuta. Un laboratorio in cui si dialoga con il territorio, si ridiscute il sapere mettendolo in condivisione, si ragiona sul mestiere cercando di usare le diverse competenze per migliorare nella professione. C'è stato quindi un inizio in Italia. Da stigmatizzare piuttosto come le Autorità abbiano sabotato questo luminoso esempio di diversità, sopprimendolo senza offrire alternative, lasciando anzi un teatro chiuso, in spregio alle mille promesse fatte di riaprirlo.

2) Qual è, a Suo avviso, il male principale del Teatro italiano contemporaneo?

Le nomine politiche, che hanno portato nelle stanze più importanti persone prive di visione prospettica. Oggi c'è bisogno di visione, di studio del territorio, di coraggio e capacità d'ascolto. Le nomine politiche, ahimè, hanno portato avanti personalità che hanno intrapreso percorsi legittimi ma differenti, quelli dell'autocelebrazione e dello sfarzo fine a se stesso, usando il teatro come strumento di potere e non come arma per creare dialogo e dubbi.

3) Cos'è per Lei il Teatro? Ci dia una Sua personalissima definizione

Un luogo e un tempo in cui abbandonare le certezze e provare felicità nell’abbandono.

4) Qual è stato l'incontro che ha segnato maggiormente la Sua carriera?

Quello con mio zio Umbertino, mancato quest'anno a 91 anni. È stato il primo grandissimo narratore della mia vita. Serissimo, nni cuntàva storie di guerra e noi ci pisciavamo dalle risate e lui non tradiva mai una emozione. Che lezione esemplare sul controllo e sui tempi comici che è stato!

5) Quale consiglio darebbe ad un giovane attore o attrice?

Non lavorare con persone che si disprezzano, perché fa male a se stessi e al lavoro. E però cercare di fare più palcoscenico possibile, perché tutto quello che si può apprendere sul mestiere dell'attore, si apprende sul palco, non altrove.

6) Qual è il Suo sogno teatrale nel cassetto?

Vedere aprire un Teatro in ogni quartiere, in ogni città, ovunque, perché si ammetta finalmente il bisogno di incontrarsi e dialogare, perché si ascolti il silenzio che segue una domanda senza che nessuno si senta in diritto di dare una risposta. Buio, sipario, fine.