Intervista all'attore e regista teatrale

Jurij Ferrini

INTERVISTA A JURIJ FERRINI


1) Facili Cassandre evocano da sempre la morte del Teatro... come immagina il futuro del Teatro?

Il teatro è stato in coma per quasi 2.000 anni. Se guardiamo alla storia della drammaturgia occidentale nella sola area del suolo italico, possiamo notare un fatto sconcertante: dalla morte di Tito Maccio Plauto nel 184 a.C. fino a Carlo Goldoni, che attorno al 1730 inizia a scrivere le sue prime commedie, non esistono autori teatrali di grande rilievo; ad esclusione di una sola opera straordinaria composta attorno al 1518 da Niccolò Machiavelli, La Mandragola. Certo in Inghilterra e poi in Francia grazie a Shakespeare e a Molière, il teatro visse il suo rinascimento già in precedenza, a partire dal periodo elisabettiano attorno alla metà del '500; ma un periodo così lungo di morte apparente è comunque degno di nota. Sono molte le cause che si potrebbero esaminare per spiegare questo fenomeno ma trovo molto più interessante sottolineare un aspetto positivo: se Machiavelli entrò in qualche modo in contatto con il teatro – e diversamente non avrebbe potuto scrivere una delle "tre commedie perfette", ponendo la sua opera su un prestigioso podio immaginario costruito da studiosi, intellettuali e critici, insieme alla memorabile Locandiera di C. Goldoni e La brocca rotta di H. Von Kleist – significa che il teatro durante il suo stato comatoso era stato conservato con cura e dedizione dai comici dell'arte, dai giocolieri, dai saltimbanchi e perfino dai misteri ciclici a sfondo religioso. Gli attori salvarono il teatro nei secoli bui e saranno sempre e solo coloro che il teatro lo fanno davvero, sul palcoscenico, a custodirne il senso, anche quando le mode (dal teatro di regia, alla sperimentazione, al teatro performativo) tendono a soffocarlo. Quindi immagino il futuro del teatro in mano agli attori, come è sempre stato. In fondo è un rapporto abbastanza semplice: attori e spettatori, complici nell'evento teatrale; che resta unico ed irripetibile anche se replicato molte volte.

2) Qual è, a Suo avviso, il male principale del Teatro italiano contemporaneo?

Il fatto che esso venga governato dal committente. E che il committente non sia purtroppo ancora il pubblico, che continua ad essere considerato una massa indistinta di coglioni. E fosse solo la politica a governare il teatro… non vi sarebbe nulla di nuovo… è sempre stato così. Ora c'è una progenie di laureati del D.A.M.S. che ormai hanno gironzolato attorno al teatro per quarant’anni (la prima laureata di questa facoltà discusse la sua tesi nel 1974) ed occupano posti di potere. Molti pensano di poter dirigere un teatro, o altri enti preposti al sostegno del teatro, perché conoscono quattro cose precise o sono stati a teatro molte volte. Sarebbe un po' come se i pazienti appassionati di medicina alternativa – omeopatica magari - diventassero improvvisamente medici. Ecco questo sta accadendo nel teatro italiano. E con quale tracotanza! Il vero problema però è che tradizionalmente gli attori sono persone estremamente fragili e non sanno difendersi dal potere, non si sanno organizzare. Io mi ero appassionato a cercare di costruire un sindacato più forte e mi sono iscritto al SAI-CGIL. Ne sono uscito appena ho sentito che studiavano una tipologia unica di contratto, che prevedesse le ferie pagate anche per gli attori. Avrei riso molto se non fossimo stati agli albori di questa riforma epocale che entrata in vigore il 1° gennaio 2015. Una riforma che ha portato molte novità, alcune anche positive; ma ha cancellato con la mannaia il teatro di giro, che è la principale tradizione italiana. Questa riforma è un po' il modello teatrale europeo… ma all'amatriciana. E senza soldi come al solito. E parlo di spiccioli sul bilancio di uno stato.

3) Cos'è per Lei il Teatro? Ci dia una Sua personalissima definizione

Domanda davvero ostica e difficile. Come racchiudere il senso di un intero universo in una frase? Non sono mica Einstein. Ci provo… un luogo dove gli spettatori giocano a "sospendere l'incredulità e il cinismo materialista" e si divertono a farsi smascherare dalla bravura degli attori, artisti che mentono per gioco e sono quindi assolutamente più sinceri di loro. Il senso c'è… ma la frase fa un po' schifo. Ci sono però tanti aforismi di autentici maestri della parola… si trovano anche in rete ormai, con grande facilità.

4) Qual è stato l'incontro che ha segnato maggiormente la Sua carriera?

Sono stati più gli scontri che gli incontri ad avermi formato. Perché lavoro male sotto padrone. E questo paese è pieno di padroni, dirigenti, direttori, etc… pochissimi poi sanno fare quello che dirigono. Questo perché viviamo in un’area del mondo decadente ed esiste molta infelicità. Fra l'altro è una epidemia contagiosa ed occorre rafforzarsi molto per non soccombere all’infelicità dei vari piccoli caporali che si incontrano in teatro, così come in tutti gli altri settori. Trovo che essi abbiano un rapporto insano con il sesso. Sarebbe meglio che sfogassero a letto le loro pulsioni sado-masochiste e non sugli altri esseri umani. Però in questi 25 anni di studio e lavoro ho raccolto molti insegnamenti; non mi sento in questo momento di citare e ringraziare nessuno; il punto è che il teatro si impara, non si insegna.

5) Quale consiglio darebbe ad un giovane attore o attrice?

Impara, appunto. Non permettere che nessuno pretenda di insegnarti alcunché. Realizzerò presto a Torino una scuola privata di alta formazione per attori che somiglierà ad una palestra di pugili; proprio perché il teatro è solo allenamento.

6) Qual è il Suo sogno teatrale nel cassetto?

Il cassetto è vuoto. I miei sogni li realizzo sempre.