MIMMO BORRELLI

LA BIOGRAFIA DI MIMMO BORRELLI

Mimmo Borrelli

Attore, poeta, cantante, drammaturgo. Dall’età di 18 anni “sopravvive” artisticamente attraverso numerose e intense collaborazioni con le molteplici piccole-grandi realtà dell’intricato panorama del Teatro napoletano e non, come quelle con Franco Branciaroli, Antonio Ferrante, Marzio Honorato, Davide Iodice, Claudio Longhi, Nello Mascia, Franco Però, Mario Santella, Patrizio Trampetti e con il Teatro Stabile di Torino. Durante i primi anni della sua carriera dà inizio a intense collaborazioni da attore e burattinaio, intrecciando l’esperienza di cantante attore con quella del teatro di figura di strada, nonché dei Pupi napoletani e delle “guarattelle”, oltre l’intensissima attività in tantissimi piccoli teatri napoletani: le vere e proprie botteghe teatrali di questa città, dove ha conseguito la sua “praticale formazione”.

Si afferma come autore grazie al Premio Riccione dove (unico caso) vince consecutivamente per due volte di fila riscuotendo grandi consensi tra i giurati quali Franco Quadri, Luca Ronconi, Renata Molinari, Ottavia Piccolo, Maria Grazia Gregori, Roberto Andò, Vittorio Sermonti. È stato ritenuto da critici di fama - come lo stesso Franco Quadri, Renato Palazzi, Gianfranco Capitta, Gerardo Guccini, nonché Gianandrea Piccioli - il “più grande drammaturgo italiano” degli ultimi anni (Renato Palazzi). Borrelli è approdato felicemente alla regia ed al totale operato da capocomico, poiché anche viscerale e intensissimo interprete dei suoi testi, attraverso l’ultimo successo, “La Madre: ’i figlie so’ piezze ’i sfaccimma”. Lo spettacolo, prodotto dallo Stabile di Napoli, ha riscosso un enorme successo di pubblico e critica al Teatro San Ferdinando. Attualmente, collabora in maniera attiva con il Teatro Mercadante (Stabile di Napoli), nonché con la propria compagnia “Marina Commedia Società Teatrale” di cui è presidente e socio fondatore

MALACRESCITA

"La storia è quella di tale Maria Sibilla Ascione: ignara e innocente bambina, nel nome già destinata ad una condizione di metà Vergine innocente, metà Maga, strega furente; poiché segnata nelle mani, dove in particolare nel palmo di quella sinistra, la mano del cuore, le linee di forza della vita, della morte e della prosperità, si uniscono a formare una M che la legittima (secondo le credenze pagano-contadine) ad avere un rapporto taumaturgico spirituale con i Morti e dunque praticare riti di guarigione da malocchio, fatture ecc...
Costei è figlia di un noto camorrista del casertano, le cui origini materne (i nonni contadini e fattucchiari, maghi) la riportano a Cuma, nei pressi di Torregaveta... lì dove secondo la leggenda e le testimonianze di Virgilio, risiedeva la dimora della famosa veggente. Il padre dunque è un noto proprietario terriero dedito alla coltivazione, nei suoi appezzamenti infinitamente disseminati tra Mondragone, Villaricca, Villaliterno, Casal di Principe, del cosiddetto oro rosso (pomodori), senza disdegnare però (siamo nei primi anni Sessanta) di tanto in tanto il ben più redditizio smaltimento clandestino dei rifiuti tossici provenienti dalle industrie del nord, in cave abusive ricavate da alcune delle sue stesse tenute. Tale traffico illecito comincia difatti a fruttargli un'immane giro di danaro, ed acquisire un immenso potere tra tutti gli affiliati. La bambina viene segnata dalle barbarie maschili fin dall'età di sette anni, quando il padre stesso per ignoranza e vuoi anche ingenuità, nella corsa patriarcale all'accaparramento sempre più spasmodico e frenetico di ricchezza, potere, e voglia di proliferare maggiormente anche col raccolto, inizia "pompare" i propri succitati ortaggi dal rosso e nefasto colore, pigmento foriero di sventure, poiché della stessa parvenza del sangue, in tal caso con degli estrogeni formidabili che ne accelerano la crescita in pochi giorni. Ignaro pero degli effetti collaterali che questi possono avere su di una creatura di pochi anni e nel pieno dello sviluppo: ovvero la piccola Maria Sibilla figlia di appena sette anni, la quale mangiando spesso tale frutto in miriadi di salse e molto spesso, ne acquisisce rapidamente le stesse sintomatiche accelerazioni della crescita, determinandole un afflusso di mestruo precoce. Innocenza segnata nella vendetta, vendetta segnata dal sangue, tra pareti esterne delle cave oscure dell'utero femminile, fin dall'infanzia.
La nostra bambina cresce diventando una bellissima, intelligente, arguta adolescente, affascinata dal luccichio impolverato della curiosità libresca. Avviandosi agli studi di medicina, e alla pratica del canto lirico al conservatorio, insomma, si rifugia in una vita inebriata dagli studi, per dimenticare l'inaccettabile: essere figlia di un despota dedito alla distruzione ed allo sfruttamento dei suoi sudditi, devoti picciotti, delle sue terre e della povera gente, ovvero i suoi figli che ne subiscono le angherie, più spicciole, ma anche quelle future dovendo vivere in una terra infeconda macerata da scorie, portatrici insane di tumori, cancrene, avvelenamenti di ogni sorta. La famiglia, la stirpe sprofonda sempre più lentamente nella discarica di un genocidio inconsapevole. Ma è a questo punto che arriva l'Anticristo, il Giasone risorto dai libri di scuola, tale Francesco Schiavone detto Sandokanne: intraprendente bulletto di periferia determinato e disposto a tutto, per favorire la sua ascesa al potere, tra le fila delle cosche camorristiche. Di costui Maria si innamora perdutamente e per lui compie ogni misfatto. La poverina per lui dunque distrugge se stessa e la sua famiglia uccidendo il fratello e facendo morire di crepacuore e collera il padre, fugge via e si nasconde straniera ed esule a Cuma, la terra dei suoi nonni dove pero vi ritorna esule, scacciata e perseguitata da tutti. Qui nella sua latitante clausura rimane incinta. Nove mesi di vomitevoli strazi mentre Sandokanne come un gallo sull'immonda "compostata" aia del tradimento, intrattiene fughe amorose con diverse donne del paese, senza curarsi della poverina che come un utero deposito della sua prole di futuri delinquenti, commercianti di eco-balle, si ritrova nel "medeo" e forse anche amletico dubbio di uccidere quei figli che sono anche e soprattutto suoi, poiché è lei a portarli in grembo. Anche se un grembo insozzato da un seme che non riconosce più come magico, amoroso e fertilizzante divino, ma come veleno letale da sputar via dalle grandi e piccole labbra stesse della propria vagina, ustionata e scottata da un amore mal corrisposto, come un bolo catarroso di muco verdastro.

Non hai saputo far la madre questa brutta crescita è figlia del tuo malriuscito modo di esser prima donna poi mamma. Nonostante queste parole terribili del marito in momenti di euforata ubriachezza, Maria si fa di nuovo abbindolare, da false promesse e porta avanti la gravidanza. Nonostante anche i tentativi di aborto, mediante espedienti sia magici che medici, pensati, mai messi e fino in fondo sommessi in atto, alla fine partorisce due gemelli. A questo punto pero, la poverina con i due neonati al seno, scoprendo che le promesse del marito sono ricadute nel vano di nuove bugie e marachelle fedifraghe, riconsidera il suoi intenti abortivi non messi in atto e maledice Dio e la sua fede riposta in lui, per non averla spinta a tale scellerato intento, che di nuovo ricomincia a trapassargli pensieri e onirici ossessi. La madre assassina sopita e aggressiva, la parte maschile sempre segregata ed erroneamente riposta nel subconscio del femminile dalla fede, che vede nella donna: viene fuori. Viene fuori il mostro... colui che è segnato da Dio e di cui bisogna sempre avere paura. Maria in un momento di follia, attribuendo all'invidia ed alla fascinazione maligna e non alla cattiva denutrizione la colpa di un latitante turgore dei seni, dunque di una mancanza del latte materno in periodo di allattamento, decide e comincia ad allattare o meglio avvinazzare periodicamente, ritualmente come in una messa pagana i figli neonati di parto gemellare per l'appunto con del vino. Ignara o forse anche conscia degli effetti disastrosi che l' alcoolico nettare dall'uva pigiato provoca poi in seguito ai nascituri, in un caldo ed afoso pomeriggio estivo prende una bottiglia ed attua il suo piano, determinando nei pargoli un degradamento di sindrome fetoalcolica che comporta: la testa deforme, il labbro leporino, gli occhi storti, un ritardo cognitivo e seri problemi mentali gravi. Riducendoli in due mostri completamente scemi e distruggendo così definitivamente la stirpe di Sandokanne-Giasone pur senza ammazzarli." Mimmo Borrelli