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IL TEATRO IN TV

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MARCO PAOLINI RACCONTA LA TRAGEDIA DEL VAJONT

Duemila morti, una storia di olocausto nell’Italia del boom, della fiducia nella tecnica, nell’industria e nel progresso, dove si ignoravano le parole ambiente, territorio, ecologia. È la tragedia del Vajont, che Marco Paolini racconta nello spettacolo “Vajont, storia di una tragedia annunciata”, in onda su Rai5. Un’orazione civile fatta alla presenza di un pubblico formato da superstiti, parenti e amici della gente dei paesi colpiti dalla catastrofe.

Marco Paolini, l’attore-autore bellunese, che nel 1963 aveva 7 anni, ha deciso di raccontare alla gente il Vajont dopo aver letto “Sulla pelle viva”, il libro di Tina Merlin, giornalista che dalle colonne dell’ “Unità” denunciò più volte il pericolo in corso. Scritto e riscritto varie volte insieme a Gabriele Vacis - ma con il contributo sostanziale di tantissime testimonianze - è diventato un vero pezzo di teatro, portato in giro per varie rassegne, fino a ritrovarsi applaudito, riempito di premi e riconoscimenti. Il suo “Vajont” non è soltanto la cronaca lucida e impietosa di una morte annunciata, carica di passione e di sdegno civile, è anche soprattutto la rappresentazione delle più autentiche e antiche funzioni del Teatro.

Paolini rimette in gioco la memoria dei paesi e della gente, l’impegno dello scrittore, il potere affascinante e coinvolgente del racconto, della parola detta. I morti di quella notte vengono ricordati insieme e uno ad uno, fissati per sempre nelle loro case, nelle piazze dei paesi, nelle osterie dove erano andati in tanti per seguire una importante partita di calcio in televisione. Paolini racconta tutta la storia a partire dagli anni Cinquanta, e va ancor più indietro, fino dove arrivano le tracce delle prime misurazioni, dei primi progetti; poi va avanti fino al processo, presentando documentazioni precise, articoli di giornali, dichiarazioni che già annunciavano la grande catastrofe.

IN PRIMA TV “IL MONDO DE I LEGNANESI”

È frutto di un meticoloso lavoro di ricostruzione il documentario “Il Mondo de I Legnanesi”, che Rai5 propone in prima visione tv. Un viaggio nella storia artistica della compagnia fondata da Felice Musazzi l’8 dicembre 1949, presso l’oratorio maschile del quartiere Legnarello, a Legnano.

Fin dall’inizio quindi, una compagnia di soli uomini, che dovendo recitare anche ruoli femminili, si travestivano, proponendo al loro pubblico figure satiriche della tipica donna lombarda. Attori che in origine non erano professionisti, né avevano frequentato scuole di teatro, con provenienza sociale diversa.

L'ambientazione tipica delle loro commedie è la corte lombarda, con la vita di cortile che ruota intorno ai suoi protagonisti: i Colombo, famiglia composta da tre persone, Teresa interpretata ora da Felice Musazzi, ora da Antonio Provasio, che firma anche l’adattamento dei testi originari e la regia degli spettacoli; Mabilia, la figlia da sempre maggiorenne e "zitella" interpretata ora da Tony Barlocco, ora da Enrico Dalceri, che firma anche le scenografie e i costumi; Giovanni, il marito, interpretato prima da Carletto Oldrini e poi da Luigi Campisi.

Attorno a questo solido nucleo ruotano una serie di personaggi oramai storici, la Pinetta, la Chetta, la Mistica, la Carmela e altre vicine di cortile, più altri compagni e compagne d’avventura. Le vicende tragicomiche della famiglia Colombo alle prese con vicinato, viaggi, tasse e lavoro si alternano a un’esplosiva dimensione da varietà, di sapore un po’ retrò, alla Wanda Osiris, con scalinata e coreografie, musica e balletti, costumi sfarzosi, paillettes e luci colorate.

Il documentario, attraverso spezzoni audiovisivi inerenti la compagnia originaria, filmati di prove, allestimenti scenici, coreografie e fuori scena, ricostruisce la storia della compagnia, e fornisce uno strumento importante per comprendere più a fondo il suo lavoro attuale.

"MERAVIGLIOSO” CON MAX GIUSTI

È ispirato a una canzone di Domenico Modugno lo spettacolo di Max Giusti “Meraviglioso”, in onda su Rai5. Un “one man show” supportato solamente da una scenografia bianca ed essenziale, avvolta da un cielo azzurro, e da una band di sette elementi. Tra riflessioni e interrogativi Max Giusti racconta del primo amore, che porta al matrimonio e poi alla separazione. Condisce il racconto con una raffica di battute che non risparmiano nessuno e che sono particolarmente taglienti nei confronti dei “parenti”. In una giostra di ricordi che prosegue poi con l’amicizia e la solitudine, per toccare anche i grandi temi della musica italiana con Battisti, Baglioni e Modugno. Dall’analisi della gioventù dei suoi tempi Giusti passa poi a quella di oggi: non si intende di social network, ma racconta con ironia le amicizie virtuali su Facebook e il tempo speso da tanti ragazzi con i videogiochi. Il tutto condito da poesia e cinismo: ingrdienti fondamentali della sua comicità.

"INSALATA DI… RISO" CON TULLIO SOLENGHI

Rai 5 TeatroInsalata di… riso”, lo spettacolo con Tullio Solenghi in onda su Rai5. Sostenuto da un altrettanto bravo Massimo Giuliani, Solenghi recupera e restituisce l'assoluto divertimento di situazioni che alimenta continui, esilaranti equivoci. Tra gli sketch più divertenti la storiella di un tale che torna in città dopo molti anni e, convinto di andare in una vecchia casa di tolleranza, che nel frattempo ha cambiato indirizzo, si ritrova nella sala d'aspetto di un dentista. Nella messa in scena si trovano forti tracce del Trio Marchesini-Lopez-Solenghi, con la riproposta degli sgangherati personaggi dei “Promessi Sposi”, tra i quali Renzo Tramaglino e il Fantacchione. Conclude il programma un tris di imitazioni (la Iervolino, Zeman e il mago Otelma) tratte dalla sua "Domenica in". Lo spettacolo è stato scritto in collaborazione con Marco Presta e Antonello Dose, protagonisti di culto del programma di Radio2 “Il ruggito del coniglio”. La regia televisiva è di Roberto Capanna.

FO E ALBERTAZZI RACCONTANO IL TEATRO DI CORTE

Si definiva “giullare di Dio”, per la sua arte di parlare agli altri, di cantare e danzare in onore del Signore. Era San Francesco. Secondo Dario Fo, protagonista del terzo appuntamento con “Il teatro in Italia”, in onda su Rai5, oltre che un grande santo, anche un genio controcorrente, che a differenza di chi nella sua epoca condannava le recite e le “giullarate”, aveva capito come il teatro fosse un autentico bisogno dello spirito. Dopo “Lo Santo Jullare Francesco”, il viaggio nella millenaria storia del teatro del nostro paese prosegue con le Sacre Rappresentazioni, che venivano allestite nelle chiese, con macchine ingegnose realizzate dai più grandi architetti del ‘400. Accanto a esse, le grandi corti rinascimentali, Ferrara, Urbino, Firenze e Roma dove, raccontano Giorgio Albertazzi e Dario Fo nella puntata intitolata “Gli attori a corte”, alla messa in scena delle rappresentazioni più importanti collaboravano artisti come Leonardo e Michelangelo. Il teatro, il dramma laico, diventava così espressione della corte: non più commedie tradotte dal latino ma, come sosteneva il Lasca, commedie nuove per un pubblico nuovo. Le riprese, con la regia di Giovanni Ribet e Roberto Capanna, sono state effettuate nel borgo medioevale di Castell'Arquato in provincia di Piacenza, e nel Teatro all'Antica di Sabbioneta, in provincia di Mantova.

Nella penultima puntata de “Il teatro in Italia”, intitolata “Teatro e Potere da Ruzante a Galilei”, in onda su Rai5, Giorgio Albertazzi e Dario Fo, muovendosi nella Loggia del Cornaro di Padova, raccontano come il grande commediografo Ruzante abbia reinventato il teatro popolare, grazie anche a una nuova e originalissima scrittura, frutto della fusione tra lingua e dialetto. I due si trasferiscono poi nella prestigiosa Università di Padova, dove Galileo Galilei insegnò Fisica e dove, nell’antico Teatro Anatomico, si svolgevano importanti lezioni di anatomia che, accompagnate dalla musica, si trasformavano in vere e proprie rappresentazioni teatrali. Nella seconda parte della puntata, intitolata “L’eredità dei comici, Molière e Shakespeare”, girata al Teatro Bibiena di Mantova e al Globe di Roma, i due maestri, appartenenti a scuole di pensiero diverse, concordano sul fatto che senza la Commedia dell’Arte italiana Molière e Shakespeare non avrebbero potuto creare i loro capolavori. Per Molière, creatore e interprete di opere immortali sui vizi capitali dell’uomo - dal “Tartufo” al “Malato immaginario”, dal “Misantropo” all’ “Avaro” – la discendenza dai teatranti italiani è diretta: li conobbe personalmente come compagni di lavoro e maestri sulle scene europee. Di Shakespeare, autore capace di spaziare dai grandi conflitti storici alla natura intima degli uomini - con opere come “Riccardo III”, “La Tempesta”, “Giulietta e Romeo”, “Otello” – Albertazzi e Fo sottolineano la capacità di elaborare in modo straordinario proprio le storie e le situazioni inventate dagli italiani. La puntata si chiude trionfalmente con la rielaborazione di uno dei grandi capolavori di Shakespeare: l’ “Amleto”, da sempre vero e proprio cavallo di battaglia di Albertazzi. La regia del programma è di Giovanni Ribet.