Intervista al co-direttore artistico del Teatro Filodrammatici di Milano

BRUNO FORNASARI
1) Sig. Fornasari, facili Cassandre evocano da sempre la morte del Teatro... come immagina il futuro del Teatro?
"Penso che un futuro sia immaginabile solo insieme al pubblico. Mi viene in mente un esempio che fa riferimento alla storia del teatro ma mai letto in quest’ottica. Quando Shakespeare scriveva cose come La commedia degli errori o Amleto, quindi commedie o drammi, scriveva per un pubblico al 90% analfabeta, che riempiva i teatri perché capiva tutto. Oggi i teatri sono spesso semivuoti e a riempirsi è la sala dove si proietta 50 sfumature di grigio, per citarne uno. Se succede è colpa nostra, di noi operatori del teatro che spesso ci scordiamo di far sentire il pubblico benvenuto."
2) Qual è, a Suo avviso, il male principale del Teatro italiano contemporaneo?
"Lo stesso che accennavo sopra. Ognuno di noi apprezza, comprende e ama cose diverse per ragioni diverse. Non bisogna mai sopravvalutare il livello culturale di uno spettatore, oberandolo di concetti e metafore criptiche, ma non bisogna neppure sottovalutarne l’intelligenza propinandogli eccessive semplificazioni e superficialità."
3) Cos'è per Lei il Teatro? Ci dia una Sua personalissima definizione
"Un posto dove raccontare storie che mettano in mostra quel che siamo tentati di nascondere."
4) Qual è stato l'incontro che ha segnato maggiormente la Sua carriera?
"Peter Clough, attore e regista per la Royal Shakespeare Company ed ex direttore della Guildhall School of Music and Drama di Londra. Prima come maestro poi come collega e infine come amico è stato, e continua a essere, una figura di riferimento per competenza, professionalità, etica e umanità. In un ambiente come il nostro è merce rarissima."
5) Quale consiglio darebbe ad un giovane attore o attrice?
"Non pensare in termini “artistici” che è una tipica ossessione giovanile. Il lavoro creativo è prima di tutto artigianato, fatica, acquisizione di strumenti ed esperienze. L’opera d’arte, l’artisticità, non sono un punto di partenza ma la ricompensa che arriva alla fine, per aver saputo far bene il proprio mestiere."
6) Qual è il Suo sogno teatrale nel cassetto?
"Lavorare con, e poi, come Robert Lepage. Un modello di cura estetica, tecnologica e narrativa."