Intervista alla docente di Storia del Teatro presso l'Università di Padova

Cristina Grazioli

INTERVISTA A CRISTINA GRAZIOLI


1) Prof.ssa Grazioli, facili Cassandre evocano da sempre la morte del Teatro... come immagina il futuro del Teatro?

"Per chi considera il teatro espressione del mondo (quantomeno un tentativo di risposta ad una concezione del mondo) interrogarsi sul suo futuro equivale ad interrogarsi su che ne sarà del mondo… Troppo difficile rispondere… (e di questi tempi, inquietante)."

2) Qual è, a Suo avviso, il male principale del Teatro italiano contemporaneo?

"La mancanza di una cultura teatrale diffusa (da cui derivano molti altri “mali”: politica culturale, finanziamenti…). Le situazioni sono diverse a seconda del contesto. In città come Padova (di provincia, ma certo non un centro universitario ‘minore’...) la stragrande maggioranza degli studenti che si iscrivono a corsi che prevedano Discipline dello spettacolo non hanno mai messo piede in un teatro (né per spettacoli, né per visitare l’impareggiabile patrimonio storico dei nostri edifici teatrali). Un altro “male” (strettamente legato al primo): identificare il teatro con il repertorio (sostanzialmente, gli autori…); o, al massimo, con la volto di un attore noto (preferibilmente passato in tv…). Ne sia dimostrazione gran parte della comunicazione pubblicitaria delle stagioni teatrali (il primo piano dell’attore protagonista nell’affiche). Quindi: o si va a "vedere" l’Autore (anche quando è vissuto secoli prima!) o si va a “vedere” l’attore. Lo spettacolo e la sua magnifica complessità diventano un dettaglio insignificante…"

3) Qual è la Sua personale e poco accademica definizione di Teatro?

"Un luogo di relazioni (tra gli elementi in scena, tra questi e lo spazio degli spettatori, tra gli individui che vi partecipano, da entrambe le parti); che ci ricorda anche la relatività di qualsivoglia posizione."

4) Quali sono le realtà, gli autori e/o gli interpreti che considera più promettenti del panorama teatrale italiano?

"Preferisco non fare nomi (gli artisti sono molto generosi ma molto permalosi…). Scherzi a parte, al di là di ogni “trend”, direi coloro che si rimettono continuamente in gioco e che non dimenticano il presente, senza perciò doverlo per forza illustrare."

5) Come è nata la Sua passione per il Teatro?

"In termini generici casualmente, ai tempi del liceo, insieme a tante altre (musica, arte, danza...). Specificatamente - come passione per lo studio e la ricerca - senz’altro dall’incontro con un maestro ineguagliabile, Umberto Artioli."

6) Se dovesse scegliere un altro mestiere all'interno del mondo teatrale, quale sceglierebbe?

"Quando i miei interessi non erano ancora ben definiti, volevo iscrivermi a Scenografia all’Accademia di Belle Arti. Oggi, sulla scorta della mia formazione, la Dramaturgin (nei molteplici compiti che il termine aveva alle sue origini germaniche – ricerca storica, adattamento, traduzione, consulenza in funzione della messinscena nei suoi vari aspetti)."

7) Nella Sua attività di ricerca, ha dedicato particolare spazio alla diffusione della Commedia dell’Arte nei paesi di lingua tedesca: quanta parte ha avuto nella tradizione teatrale d'oltralpe?

"Qui dovrei rispondere con un saggio! In generale, com’è successo per altri paesi d’Oltralpe, la Commedia dell’Arte portata dai nostri Comici tra Cinque e Seicento non credo abbia avuto un’eredità o filiazioni dirette. È rimasta un episodio importante, superato dalla forte volontà di un teatro (identità) nazionale affermatasi alla fine del Settecento. Ha agito invece in modo molto forte a livello di immaginario (per rinviare ad una questione nota agli storici del teatro, ha esercitato un’enorme e fertile influenza il Mito della Commedia dell’Arte - dai romantici ad oggi)."

8) Lei ha scritto un libro dedicato alla teoria e alla prassi della luce in scena: è possibile conciliare le scelte illuminotecniche con un Teatro veramente povero?

"Non è un caso che nel titolo del mio libro non compaia il lemma “illuminotecnica”. Le poetiche della luce in scena non sono necessariamente legate ad una tecnica avanzata o complessa. Quanto più la tecnologia ha messo a disposizione soluzioni illuminotecniche complesse e molteplici, tanto più gli artisti hanno potuto scegliere (quindi anche optare per soluzioni elementari e artigianali, come è avvenuto spesso nel teatro di ricerca italiano)."