LUIGI ALLEGRI

INTERVISTA ALLO SCRITTORE E STUDIOSO DI STORIA DEL TEATRO

foto Luigi Allegri

Qual è, a Suo avviso, lo stato di salute del Teatro italiano?

"Sarebbe ridicolo sostenere che il Teatro italiano gode di buona salute, quando soffre tutto il comparto culturale e in generale tutta la società italiana. Dal punto di vista economico ci sono naturalmente grosse difficoltà, ma immagino che la domanda intenda anche la salute culturale e artistica. E qui devo dire che, sempre sullo sfondo di una crisi evidente, mi pare che il Teatro regga meglio di altri settori. Ci vedo, nonostante tutto, vivacità di proposte, volontà di sperimentazione, ricerca di nuove forme anche organizzative e di conseguenza artistiche, tentativi di risveglio di una drammaturgia non ripetitiva e corriva. Certo, se la crisi economica taglia i costi, le stagioni sono piene di monologhi o di spettacoli con pochi attori e scenografia e tecnologie ridotte al minimo. Questo impoverisce il quadro, ma costringe ad andare più in profondità."

Quali sono le realtà, gli autori e/o gli interpreti più promettenti del panorama teatrale italiano?

"Il sistema teatrale italiano ha una notevole ricchezza e varietà di proposte. Ci sono ancora i grandi attori della gloriosa tradizione italiana (che so, Umberto Orsini o Roberto Herlitzka), ci sono attori più "moderni" come Toni Servillo o il grande Carlo Cecchi, ci sono i giovani attori della sperimentazione. Ci sono ancora buone prove del teatro di regia, pur impoverito dalla scomparsa dei grandi registi del recente passato, ultimo Massimo Castri, ma con la straordinaria presenza di Luca Ronconi. Ci sono i nuovi drammaturghi, di notevole interesse, da Emma Dante al grande Franco Scaldati, recentemente scomparso. Ma se devo esprimere una preferenza, scelgo quelle operazioni in cui drammaturgia, regia e attorialità si fondono in una progettualità unitaria, come ad esempio Pippo Delbono o la Raffaello Sanzio."

Qual è la Sua personale e poco accademica definizione di Teatro?

"Io resto legato ad una definizione di Grotowski, secondo cui il teatro è "qualcosa che avviene tra lo spettatore e l'attore". "Qualcosa", appunto, alla fine di non definibile astrattamente e razionalmente, ma che inevitabilmente comporta l'accensione dell'emozione. Emozione che non necessariamente è empatia o commozione, che può anche essere emozione intellettuale o godimento culturale, ma resto convinto che il teatro o è emozione o non è."

Nella società attuale, quali sono, se ancora esistono, la novità e la specificità del Teatro?

"Il Teatro ha una funzione fondamentale nella società di oggi, proprio perché non è in sintonia coi meccanismi della società di oggi. Il Teatro è artigianale e irriducibile all'industrializzazione, il Teatro è durata contro la velocità e l'accelerazione spinta dei sistemi di comunicazione tecnologica, il Teatro si basa sull'incontro tra persone reali (spettatori tra di loro e spettatori con attori), il Teatro spinge alla profondità contro la fruizione superficiale dei sistemi di comunicazione basati sulla tecnologia, ecc."

Quale futuro per il Teatro?

"Proprio per le ragioni espresse al punto precedente, il futuro del Teatro è schizofrenico. Da un lato rischia la marginalizzazione, ma dall'altro è la principale linea di resistenza contro la velocità inespressiva, la superficialità, il consumo culturale senza nutrimento. Resistere resistere resistere!"

Come è nata la Sua passione per il Teatro?

"La mia passione per il Teatro è nata dallo studio. Ho cominciato studiandolo all'Università, mi sono accorto che c'era dentro un universo, che si poteva e si doveva affrontarlo con un approccio differente da quello col quale ci portavano a teatro quando andavamo a scuola, dalle elementari alle superiori. Non è un caso che dei tanti studenti trasportati a forza a teatro durante la scuola solo pochi "prendano il vizio". Il Teatro, come ogni altra cosa forse, deve essere scelto. Se lo scegli, ti ripaga. Sempre."

Se dovesse scegliere un altro mestiere all'interno del mondo teatrale, quale sceglierebbe?

"Io sono contento del mestiere che faccio, perché mi permette di stare a contatto coi giovani e di contribuire a quel processo di conoscenza per cui qualcuno prende il vizio (e quando succede è una grande soddisfazione). Ma al di fuori del mio mestiere di insegnante e di studioso e dentro all'universo teatrale, forse farei il regista. Chissà."