MARCO BALIANI

INTERVISTA AL NOTO ATTORE E REGISTA

foto Marco Baliani

Maestro, facili Cassandre evocano da sempre la morte del Teatro... come immagina il futuro del Teatro?

"Morte del Teatro, morte della letteratura, morte dell’arte, è dagli anni 70 che critici ed esegeti di varie discipline hanno vestito i panni dei necrofori, non li ho mai potuti sopportare, in arte la morte non esiste, esiste la trasmutazione continua, cioè una continua nascita che per essere ha bisogno di lottare contro le convenzioni percettive della Norma, per divenire poi Norma essa stessa e così via.

Il futuro del Teatro, per ora, è quello di una vicinanza sempre più accentuata alla performance, sia come percezione da parte dello spettatore che come costruzione creativa da parte dell’artista."

Cos' è per Lei il Teatro?

"E’ un luogo ove conoscere meglio gli altri, lo straniero che abita anche in noi, un posto da percorrere errando, in cui regista e autore lavorano insieme agli attori, allo scenografo, al musicista , al progettista luci etc.. e in cui il testo arriva solo alla fine, e non è detto che sia solo fatto di parole, anzi."

Quale consiglio darebbe ad un giovane attore o attrice?

"Rubare il più possibile da altri attori o registi, avere incontri, cercarli, non accontentarsi, portare in scena lo scandalo, l’inaudito, formare gruppo, non starsene da soli, e continuare a studiare, e cercare."

Attraversiamo un momento di profondissima crisi sociale prima ancora che politica ed economica... quali a Suo avviso le cause e quali le possibili soluzioni?

"E’ una domanda che richiederebbe molte risposte, chè il problema non è univoco ma variegato.. abbiamo delegato a entità astratte il nostro futuro, così abbiamo smesso di progettare. Forse per cominciare, bisognerebbe impedire alle Borse di funzionare, potrebbe essere un buon inizio, occorre una rivoluzione spirituale che riporti l’essere umano al rapporto perduto col mondo naturale, alla pari, senza più illudersi di essere i dominatori dell’universo, abbandonando anche quelle religioni che ce lo hanno fatto credere e poi, come pratica spicciola di sopravvivenza, non credere a ciò che ci dicono, conservare una forte dose di incredulità nei confronti dell’onnipotenza del visibile, mangiare meno, vestirsi meno, non consumare, e godere lo stesso, cercare a tutti i costi il bene-essere e fottersene del bene-avere"