Intervista al docente di Discipline Teatrali dell'Università di Bologna

Marco De Marinis

MARCO DE MARINIS


1) Prof. De Marinis, facili Cassandre evocano da sempre la morte del Teatro... come immagina Lei il futuro del Teatro?

"La sua morte è stata annunciata regolarmente in ogni epoca eppure il teatro è ancora qui, vivo e vitale. Tuttavia è chiaro che in un momento come l'attuale, in cui la rivoluzione digitale e della rete sta cambiando profondamente il nostro modo di vivere, pensare, creare, è più difficile immaginare cosa ne sarà del teatro fra qualche decennio. Io comunque scommetto sul fatto che esso continuerà a esistere, e non soltanto a sopravvivere, perché risponde a bisogni profondi, anche biologici, dell'essere umano come essere in relazione, essere per l'altro."

2) Qual è, a Suo avviso, il male principale del Teatro italiano contemporaneo?

"Due, e legati fra loro, sono, secondo me, i mali principali. In primo luogo, la tendenza legislativa a ridurre progressivamente la base della piramide teatrale in favore di poche realtà forti di vertice, inevitabilmente allineate sempre di più sugli standard di una estetica commerciale, in vista di un preannunciato disimpegno finanziario dello Stato in questo come in altri settori della cultura. Collegato al primo problema, c'è poi quello dello strapotere crescente dei direttori di teatro, che sempre di più tendono, agevolati appunto dalle nuove normative, a sostituire attori e registi nelle scelte artistiche."

3) Qual è la Sua personale e poco accademica definizione di Teatro?

"Per me il Teatro è esperienza dell'alterità, in sé stessi e negli altri, esperienza che fondamentalmente si fa nel e con il proprio corpo."

4) Quali sono le realtà, gli autori e/o gli interpreti che considera più promettenti del panorama teatrale italiano?

"La vitalità della scena italiana attuale è testimoniata dalla grande quantità di gruppi nati negli ultimi dieci/quindici anni, spesso di alto livello artistico, che riescono a resistere in qualche modo alle avversità legislative di cui dicevo in precedenza."

5) Come è nata la Sua passione per il Teatro?

"La mia passione è nata tardi, all'Università, grazie al mio maestro Benedetto Marzullo, grande grecista e specialista del teatro antico, che mi ha avviato allo studio di Aristofane. Tuttavia l'imprinting decisivo è arrivato nello stesso periodo, 1969-'70, con la scoperta del lavoro di Jerzy Grotowski sulle pagine della rivista “Il Dramma” e poi grazie all'uscita in Italia del suo libro Per un teatro povero. Infine, l'incontro con l'Odin Teatret di Eugenio Barba nel '72, incontro che ha dato inizio a un rapporto ormai più che quarantennale e che continua tuttora, decisivo per il mio lavoro di studioso e non soltanto."

6) Se dovesse scegliere un altro mestiere all'interno del mondo teatrale, quale sceglierebbe?

"Per come la vedo io, insegnare e scrivere di storia e teoria del Teatro è un modo di fare Teatro. Penso comunque che la drammaturgia potrebbe diventare una naturale estensione del mio modo di occuparmi di Teatro da spettatore e da studioso."