1) Sig.ra Ramorino, facili Cassandre evocano da sempre la morte del Teatro... come immagina il futuro del Teatro?

"Se ci fossero ancora contributi statali per sostenerlo e per poter tenere i prezzi più bassi, io credo che anche le nuove generazioni potrebbero avvicinarsi di più al teatro. Noi, come Centro Teatro Attivo, abbiamo circa settecento allievi all’anno, che sono in gran parte orientati al teatro, o comunque, al mondo dello spettacolo: IL TEATRO NON È MORTO!"

2) Qual è, a Suo avviso, il male principale del Teatro italiano contemporaneo?

"Il male principale è di natura economica; ci sono ottimi autori, ma le compagnie sono costrette a limitare il numero degli interpreti (sempre per questioni di soldi), le scenografie sono ridotte al minimo e i costumi sono quasi spariti, ma io vedo ancora spettacoli ben realizzati, soprattutto da gruppi più giovani. Basterebbe che il governo assegnasse più contributi alla cultura! A Milano, qualche sforzo in questo senso è stato fatto."

3) Cos'è per Lei il Teatro? Ci dia una Sua personalissima definizione

"Il teatro è vita? La vita è teatro? La domanda di sempre (Pirandello docet). Il teatro fa parte del mio DNA: siamo una famiglia di attori e doppiatori, quindi le tavole del palcoscenico le ho conosciute già da piccola. Quando poi, compiuti vent’anni, si è aperta a Milano l’Accademia del Piccolo Teatro i miei genitori sono stati felici di iscrivermi… Insomma, ho 65 anni di teatro sulle spalle e non posso dire altro se non che per me il teatro è stato e lo è ancora passione e gioia di vivere."

4) Qual è stato l'incontro che ha segnato maggiormente la Sua carriera?

"Senz’altro l’incontro con i miei primi maestri, Giorgio Strehler e Jacques Lecoq: da loro, anche stando dietro le quinte del Piccolo Teatro e spiando gli attori già affermati, ho imparato tutto."

5) Quale consiglio darebbe ad un giovane attore o attrice?

"Direi loro: disciplina, organizzazione mentale, disponibilità e umiltà. Gli allievi di oggi sono sempre più presuntuosi e credono di sapere già tutto; io ho visto, in questi di 65 anni, carriere senza talento e purtroppo tanti talenti senza carriera. Fare l’attore è un mestiere artigianale che si tramanda nel tempo e si impara facendo, ma senza una buon preparazione tecnica di base (dizione, uso del diaframma, scansione e sillabazione, studio sui toni vocali, sui ritmi, sui volumi, sui colori da dare alla parola), il solo talento e la personalità non bastano; insomma, genio e sregolatezza non funzionano."

6) Qual è il Suo sogno teatrale nel cassetto?

"Ormai, a 85 anni, non posso sperare che tutti i miei sogni si avverino… Ne avrei ancora tanti: adesso forse mi piacerebbe interpretare la figura di Santa Teresa di Calcutta."