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RICCI/FORTEINTERVISTA AL DUO TEATRALE STEFANO RICCI E GIANNI FORTE
Cos'è per Voi il Teatro? "Immagina che stai viaggiando su una autostrada che costeggia una foresta. Immagina che dal ciglio della strada sbuca uno scoiattolo, che si ferma sulla striscia continua e ti fissa curioso mentre ti avvicini a velocità sostenuta. Vi riconoscete maggiormente nel ruolo di drammaturghi o di registi? "Non siamo sicuri che esistano ruoli in cui identificarsi nel processo creativo. Si partecipa ad uno stato visionario che possa permetterci di avvicinare la materia il più possibile alla nostra ugola. Ogni tentativo di imbrigliare questo flusso espressivo in ruoli predeterminati determina un’afasia e un camuffamento vocale che non intendiamo perseguire." Cosa desiderate resti in chi esce da un Vostro spettacolo? "Un sé rinnovato." Il nome di un regista che Vi interessa molto? "L’interesse si alimenta dalla storia delle persone, è sempre stato così. Non ci attraggono le peculiarità artistiche ma le mancanze soggettive. Per questo la nostra pupilla è sempre stata orientata sulla concretezza faticosa del sopravvivere. Siamo attratti dagli individui, dai loro labirinti incastonati di stimoli per la nostra artigianalità." Qual è stato l'incontro che ha segnato maggiormente la Vostra carriera? "Quello tra Stefano e Gianni. Tutto il resto è stato un continuo reincontrarsi, ripresentarsi e rituffarsi insieme nel lavoro. Uno sliding doors in cui, però, cambiando gli addendi, il risultato non cambia mai: fiducia reciproca." Attraversiamo un momento di profondissima crisi sociale prima ancora che politica ed economica... quali a Vostro avviso le cause e quali le possibili soluzioni? ![]() "Non esistono soluzioni ma traiettorie percorribili, pur se non esenti da errori. Attraversare un deserto come stiamo facendo in questo preciso momento storico, privi di bussola se non quella del cielo stellato dei valori etici che conserviamo dalla formazione familiare. Ora, che ci si protegge dietro miriadi di apparenti network che sembrano garantire la socializzazione prosciugandola da qualunque linfa emotiva, forse la rumba da eseguire è proprio quella personale, soggettiva, per provare a recuperare il fremito di ciglia che, durante la pubertà, ci segnalava la direzione verso un pianeta nuovo, trasformandoci noi stessi in individui adulti e pronti a sostenere quel mondo che ci chiamava all’appello. Siamo tasselli di un domino che aspetta ancora di essere giocato." Che consigli dareste ad un giovane attore o una giovane attrice? "Di mantenere la curiosità. Di non diventare vassallo di una scuola di recitazione, che smembra le individualità per omologarle in una modesta copia da fondale. Che comprenda il tempo contemporaneo, non più fatto di soldatini che passano da un’audizione per un teatro stabile, a un provino per i commercials, ad un turno di doppiaggio. Ognuno reca la propria strada sottopelle e perdersi è solo un momento. Che mantenga sempre una chiarezza sulla propria sensibilità e sul posto migliore in cui farla proliferare." Qual è la qualità più importante che ricercate negli altri? "L’essere in vita, Il respiro. Quello autentico, non il polmone d’acciaio che abbiamo messo inserendo, alla nostra vita, il pilota automatico. Sembra piuttosto facile trovare gente che sia in vita… ma non si ha idea dell’oceano di zombies che ci circonda." |