SILVANA FALLISI

INTERVISTA ALL'ATTRICE E MOGLIE DI ALDO BAGLIO

Silvana Fallisi

Silvana, qual è la tua personalissima definizione di Teatro?

È l'immediatezza del comunicare un'emozione con la persona più vicina a te, con un bel po' di persone – si spera – vicine a te, quindi un pubblico, anche piccolo.

Siamo abituati a vederti in ruoli comici, "leggeri". Come mai? Prediligi il teatro comico? Escludi in futuro ruoli drammatici?

Quando ho iniziato pensavo di poter fare qualsiasi cosa perché si è giovanissimi e uno pensa che potenzialmente può far ridere, ma può far emozionare, piangere e tutto il resto. La comicità non sono stata io a sceglierla ma è lei che mi ha preso già subito da quando ero piccinina. Quella era la cosa immediata che potevo mostrare, che tutti potevano vedere subito. Penso che ho goduto nel far ridere dai primi anni di vita, a cominciare dall’asilo, ho pensato che facevo già ridere. Era una cosa normale. Poi, piano piano, col tempo, quando ho iniziato a fare le scuole di teatro, ero contenta perché questa era una carta forte da giocare che ti permetteva di poter salire subito sul palcoscenico e fare di questa esperienza una dimostrazione veloce di quello che potevi fare, salire su un palcoscenico è la migliore scuola, dimostrare di fare qualcosa. Se non avessi avuto questa cosa innata forse sarebbe stato più difficile affrontare il pubblico, insomma una carta facile da giocare. In verità il più bel complimento che mi hanno fatto, una persona di teatro, un maestro, che ha detto: “In verità, Fallisi, puoi fare anche altre cose” e allora mi sono gasata ma non ci ho mai provato seriamente, ho sempre fatto cose comiche, mi piace molto, mi vengono più facili.

Quanto c’è di Silvana Fallisi nello spettacolo "La morte balla sui tacchi a spillo"?

Tantissimo. È un’idea che è partita da una voglia che avevo fortissima nel cassetto da tantissimi anni, quasi 20 anni, di raccontare in questo modo la mia Sicilia, di quegli anni che ho vissuto quand'ero piccolina, quando in casa c’erano le veglie, ero muta e bambinetta di 4/5 anni e mi vedevo intorno queste signore, il chiacchiericcio, i pettegolezzi, le signore in nero. Mi sono vista una serie di figure quasi felliniane che da bambina rimangono impresse. Quasi tutte donne me le ricordo i personaggi forti che viaggiavano in casa, durante le veglie, quando moriva una nonna, un parente. C'era la voglia di raccontare questa Sicilia molto bigotta, vecchia. È un lavoro davvero mio e Michela Tilli, questa giovanissima scrittrice italiana che sono molto orgogliosa di conoscere, mi ha aiutato nella storia a trovare il pretesto, nella drammaturgia vera e propria.

Qual è il tuo sogno di spettacolo nel cassetto?

Ce ne sono tanti: io ho una voce un po' particolare, mi sono sempre detta sorridendo "un giorno ci sarà una figura, un cartone particolare che mi piacerà doppiare". In verità vorrei fare degli spettacoli molto forti che emozionino, vorrei continuare a fare delle cose ancora nuove attraverso questa lente, questo filtro che è la comicità, poter dire cose forti, usare il teatro, lo spettacolo, come un messsaggio sociale, come qualcosa d'importante per dire delle cose importanti, arrivare attraverso la comicità ad argomenti un po' più di spessore.

Che consiglio daresti ad un giovane attore o ad una giovane attrice?

Di capire davvero cosa si vuole. Purtroppo, in certi momenti della vita o perchè ci sono troppi segnali che arrivano da tutte le parti, non sai dove collocare certe energie, vedi che è un mondo un po' particolare, fatto di casini, di crisi.. ascoltarsi un po' di più e dire: questo mi piace dire, perché lo voglio dire, perchè è importante, perchè vuoi comunicare qualcosa. A me parlare di morte, quando l'ho detto la prima volta qualcuno si è toccato ma la morte di cui vorrei parlare è quella morte alla San Francesco, una morte bella, veramente sorella, una morte diversa che ci sta attaccata tutta la vita, da che nasciamo. Ad un giovane attore consiglierei di crederci: se una cosa piace bisogna dirla, farla, trovare il modo perché arrivi anche agli altri e gli altri possano goderne. Quando è nato questo spettacolo ho pensato che qualcuno potesse dire "perché mi proponi un paese di cui non mi interessa, come la Sicilia di quegli anni" ma è un po' come un paracadute, dove cadi non lo sai, può non piacere o non interessare ma resta la chiave che almeno ti faccio ridere e se ti faccio ridere mi viene a vedere. Al di là di quello, mi piacerebbe che arrivassero altri messaggi, io do un'idea per poterci pensare anche un po'.

Aldo, Giovanni e Giacomo ti hanno dato visibilità verso il grande pubblico. Come vivi questo dal punto di vista artistico, ti senti schiacciata da loro tre?

Io li ringrazio sempre, quando degli artisti così noti ti danno l'opportunità di partecipare.. li apprezzo e li ringrazierò sempre ma non mi sono mai sentita come una scolara. Ho partecipato come una di loro, abbiamo uno stile nel rapportarci alla comicità molto simile e negli anni lo abbiamo coltivato allo stesso modo. Mi sono sentita subito ben messa, è stata una sorta di cosa naturale, veniva bene. Abbiamo improvvisato insieme, abbiamo costruito delle cose insieme, è nato tutto così. Sono veramente splendide persone, io poi ne ho preso uno, so che è bravo (ride). Sono persone umanamente meravigliose se no non sarebbero durati 30 anni! Spero ancora di avere negli anni questo rapporto, mi piace stare con loro e spero di continuare. Se mi vogliono, io ci sono!

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