ROBERTO ZAPPALÀ

INTERVISTA AL COREOGRAFO DI "SUDVIRUS"

foto Roberto Zappalà

Cos'è per Lei la danza?

"La danza contemporanea è una delle espressioni creative più filosofiche. Per fortuna è il mio lavoro e la mia passione al tempo stesso.

Parlo solo della danza contemporanea perché quella classica ha altri presupposti, nasce da diverse istanze e con diverse necessità, ed utilizza linguaggi differenti per un altro tipo di pubblico rispetto alla danza contemporanea.

Credo che la danza contemporanea – o forse, meglio, la mia danza: mi sembrerebbe presuntuoso parlare de “La Danza Contemporanea”… - credo sia ‘filosofica’ perché è spesso incomprensibile come la filosofia (ride, ndr): lavora su stati emozionali e quindi – come la filosofia – lascia ampio spazio al pubblico per le sue interpretazioni."

Che ruolo ha la danza nella società contemporanea e Lei quale vorrebbe che avesse?

"Penso potrebbe avere un grande ruolo, come ogni linguaggio artistico. Forse più di altri perché ha la possibilità di trasmettere attraverso il corpo, sempre così tanto bistrattato e che invece per noi è centrale. Se lo spazio lasciato alla danza è davvero esiguo non dipende dalla società, ma da tutto ciò che c’è intorno alla danza e al mondo dello spettacolo.

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Vorrei che la danza, invece, potesse assumersi una propria responsabilità, una possibilità di incidere più profondamente sul sociale come accade per le altre arti."

Quali sono secondo lei i possibili percorsi da seguire per diffondere una vera cultura della danza nel nostro Paese?

"Bisognerebbe in primo luogo istituire un meccanismo di coinvolgimento del territorio nei luoghi dove l’artista, il coreografo crea.

Laboratori, stage, percorsi non solo per danzatori e addetti ai lavori, ma per il pubblico, perché possa capire meglio questo linguaggio, possa avere più strumenti per scoprire, capire, approfondire, riconoscere anche gli aspetti più reconditi di un progetto artistico.

D’altro canto sia pubblico che artista devono avere una relazione forte, una profonda consapevolezza del proprio patrimonio culturale."

Vera Martini