PETER BROOK

"IL TEATRO E IL SUO SPAZIO: IL TEATRO MORTALE"

«Posso scegliere un qualsiasi spazio vuoto e dire che è un nudo palcoscenico. Un uomo attraversa questo spazio vuoto mentre un altro lo sta a guardare, e ciò basta a mettere in piedi un’azione scenica. Quando però si parla di Teatro, non è affatto questo che si intende.

In un’immagine caotica racchiusa in una sola parola di comodo si sovrappongono infatti alla rinfusa rossi tendaggi, luci della ribalta, versi solenni, risate, oscurità. Parliamo tanto del cinema che ucciderebbe il Teatro e appunto in questa espressione pensiamo al Teatro cosi com’era al tempo in cui il cinema muoveva i primi passi, ossia a un Teatro con tanto di botteghino, di foyer, di strapuntini ribaltabili, di illuminazione sapiente, di cambiamenti di scena, di intervalli, di commento musicale, proprio come se per definizione il Teatro fosse tutte queste cose insieme o poco più.

Tenterò di dare qui quattro diverse interpretazioni della parola “Teatro”, distinguendo tra quattro significati diversi: parlerò quindi di un “Teatro mortale", di un “Teatro sacro", di un “Teatro rozzo" e di un “Teatro immediato." Talvolta questi quattro tipi diversi di Teatro si riconoscono nella realtà uno accanto all’altro, come accade nel West End di Londra o attorno a Times Square a New York. Altre volte i quattro teatri, il sacro, il rozzo, l’’immediato e il mortale, confluiscono in un unico momento.

Il Teatro mortale si può dare per scontato a prima vista, semplicemente perché significa cattivo teatro e, poiché si tratta della forma di spettacolo che ci capita di vedere più di sovente, oltre al fatto che è anche quella che più direttamente si ricollega al tanto disprezzato e combattuto teatro commerciale, infierire con le nostre critiche potrebbe sembrare una perdita di tempo. È vero, pero, che delle dimensioni del problema ci si può rendere pienamente conto soltanto se ci si accorge di quanto profondamente vi si insinui e di quanto sia abilmente mascherato il suo essere “mortale”.

Le condizioni in cui versa il Teatro mortale risultano comunque abbastanza ovvie. In tutto il mondo le platee si spopolano, ogni tanto sorgono movimenti nuovi, si sente parlare di scrittori nuovi di qualche valore e cosi via, ma nel complesso si sa che il Teatro, lungi dall’elevare e istruire il pubblico, non diverte nemmeno più. Si è detto spesso che il Teatro è come una prostituta, volendo dire con questo che esso è impuro nei suoi caratteri artistici. Il fatto è che oggi la cosa vale anche in un altro senso: le prostitute prendono i soldi e poi vanno per le spicce nel dare il piacere. È sempre la stessa storia, la stessa crisi, a Parigi, a Broadway, nel West End: non abbiamo bisogno di sentircelo dire dai vari amministratori per sapere che il Teatro è commercialmente al lumicino e che il pubblico se ne accorge. Ma se il pubblico dovesse sul serio pretendere il vero divertimento di cui tanto spesso si parla, noi tutti ci troveremmo in serio imbarazzo, non sapremmo da che parte cominciare.

Un autentico Teatro per divertimento non esiste, e non bastano certo la commediola banale o il cattivo musical a ripagarci del prezzo del biglietto, senza contare che il Teatro mortale si insinua lugubremente fin nel melodramma e nella tragedia, nelle commedie di Molière e nei drammi di Brecht. Nelle opere di William Shakespeare, poi, il Teatro mortale si trova quanto mai a suo agio, vi s’annida tranquillamente in tutta comodità.

Peter Brook

Il Teatro mortale s’affeziona facilmente a Shakespeare. Vediamo i drammi scespiriani recitati da buoni attori, secondo un modo che sembra proprio il modo giusto, con apparente vivacità coloristica, con il commento musicale adatto e con tutti abbigliati per benino, proprio come si vuole che accada, convenzionalmente, nel migliore dei teatri classici. Eppure, nel nostro intimo, troviamo tutto estremamente noioso e, in cuor nostro, diamo la colpa a Shakespeare, o al Teatro in quanto tale, o addirittura a noi stessi.

A complicare le cose, c’è poi sempre lo spettatore "mortale", che per certi suoi motivi speciali gode persino della mancanza d’ogni intensità, persino della mancanza d’ogni divertimento, com’è il caso dell’erudito che emerge con un sorrisino sulle labbra dalle rappresentazioni di routine dei classici, poiché nulla è venuto a distoglierlo dall’ennesimo tentativo di confermare a se stesso le proprie meschine teorie, consentendogli, anzi di rimormorare a mezza voce i versi preferiti all’unisono con gli attori. In cuor suo egli desidera sinceramente un teatro che sia “più nobile della vita” e confonde una sorta di soddisfazione intellettuale con l'autentica esperienza a cui tanto agogna.

Purtroppo è proprio questo spettatore a far pesare tutta la mole della sua autorità a favore della noia più piatta e così il Teatro mortale continua imperterrito per la sua strada. Chiunque assista ai grossi successi, di stagione in stagione, avrà notato un curioso fenomeno. Si crede che il cosiddetto "successo" debba essere più vivo, più animato, più brillante dello spettacolo mediocre, ma non sempre è così. In ogni cittadina particolarmente amante del teatro c’è per ogni stagione almeno un grande successo che tradisce queste norme, cioè un dramma che "sfonda" non malgrado, ma proprio grazie alla sua somma noiosità. Dopo tutto siamo abituati ad associare mentalmente la cultura a un certo senso del dovere da compiere, a costumi d’epoca, a lunghi discorsi, alla sensazione, insomma, di restarne annoiati: ecco quindi, rovesciando i termini, che proprio il giusto grado di noiosità è garanzia rassicurante di un evento degno di nota. Naturalmente il dosaggio della noia è tanto delicato che è impossibile stabilire la formula esatta: se la dose è eccessiva, il pubblico abbandona la platea, se invece è scarsa gli spettatori trovano l'argomento sgradevolmente ed eccessivamente intenso. Gli autori mediocri, però, paiono avere quello stato di grazia che consente loro di riuscire, imperturbabili, a realizzare la miscela perfetta, perpetuando così il Teatro mortale, costellandone il cammino di noiosissimi successi universalmente lodati.

Al Teatro il pubblico chiede qualcosa che si è abituati a definire "migliore della vita", e per questo motivo le platee sono predisposte costituzionalmente a confondere la cultura (o i trabocchetti della cultura) con qualcosa che non conoscono, ma che oscuramente sentono che davvero esiste, e cosi, tragicamente, elevando ciò che è pessimo agli altari del gran successo, il pubblico non fa altro che ingannare se stesso.»

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